Author: Redazione Cruscotti

L’intelligenza artificiale sta entrando nei processi dell’autoriparazione: quali impatti avrà sul lavoro in officina

Una domanda che tocca non solo l’evoluzione tecnologica del settore, ma anche la sua capacità di adattarsi, innovarsi e restare competitivo. Se n’è discusso ad Autopromotec 2025, nel corso di una tavola rotonda promossa da CNA, che ha visto il confronto tra analisti, imprese all’avanguardia, rappresentanze di settore e professionisti del mondo della comunicazione.

Tra i relatori, Roberto Montanari, co-fondatore e responsabile R&D di RE:LAB, ha offerto una riflessione sul ruolo strategico dell’innovazione tecnologica nella trasformazione delle officine: dai modelli di servizio alle nuove competenze richieste.
Ecco il suo punto di vista.

Roberto, partiamo dal contesto: di cosa si è discusso durante la tavola rotonda a cui ha partecipato?

“Sono stato invitato come panelist in una tavola rotonda organizzata da CNA all’interno di Autopromotec. È stato un confronto molto ricco: al tavolo sedevano analisti, imprenditori tra i più innovativi del mondo dell’autoriparazione, rappresentanti di categoria e figure provenienti dai media. Il tema era tanto ampio quanto attuale: come l’innovazione tecnologica e l’intelligenza artificiale possono trasformare il futuro delle officine”.

Un tema ambizioso. Da dove è partito il dibattito?

“Il punto di partenza è stato uno studio condotto dal professor Giamprimo Quagliano, che ha analizzato il modo in cui il mercato dell’autoriparazione guarda all’intelligenza artificiale. Uno studio (n.d.r., qui i dettagli dello studio) molto articolato, che ha messo in luce una dinamica interessante: una sorta di tensione tra attrazione e diffidenza verso il potenziale dell’IA. C’è molta curiosità, ma anche preoccupazione, soprattutto per le implicazioni sul lavoro e sulla trasformazione dei processi”.

Partendo dalle discussioni affrontate in fiera, potresti condividere il tuo punto di vista sugli aspetti del lavoro in officina toccati dall’innovazione?

“L’innovazione sta trasformando in profondità ogni ambito del lavoro in officina: dalla manutenzione tradizionale ai servizi al cliente, passando per la gestione amministrativa e, naturalmente, la riparazione in senso stretto. Ed è proprio qui che si gioca un passaggio fondamentale: l’autoriparatore, oggi come ieri, è prima di tutto un problem solver. Il suo compito è riportare il veicolo alle condizioni ottimali, partendo da un’anomalia che spesso non è immediata da diagnosticare.

Questa attività assume forme diverse: in certi casi l’intervento è più profondo e tecnico, in altri più standardizzato – pensiamo alla calibrazione di sensori, fari o sistemi ADAS, oppure alla semplice sostituzione di un componente danneggiato. Poi c’è la riparazione più tradizionale, oggi meno diffusa a causa della crescente complessità tecnologica dei veicoli, ma che resta centrale in termini di capacità analitica: serve leggere i sintomi, ipotizzare la causa e individuare la strategia migliore per risolvere il problema”.

In che modo la tecnologia cambia il modo di “risolvere problemi”?

“Come anticipato, il mestiere dell’autoriparatore è già oggi molto diverso rispetto al passato. Il veicolo non è più solo un sistema meccanico con qualche elemento elettrico: è un ecosistema meccatronico, sempre più connesso e digitale. Questo comporta un cambio di paradigma anche nella riparazione: l’autoriparatore lavora con strumenti diagnostici complessi, interpreta dati, seleziona soluzioni guidate da software. Se prima il lavoro si fondava sull’esperienza manuale e sull’intuizione, oggi è sempre più basato sulla capacità di dialogare con tecnologie avanzate, di interpretare output digitali e scegliere, tra le opzioni proposte, quella più efficace.

In questo scenario, l’innovazione non cancella il valore del mestiere: ne trasforma gli strumenti, ma non ne modifica la natura cognitiva. L’autoriparatore resta un professionista che analizza, decide, interviene. Solo che lo fa con l’aiuto di interfacce e sistemi che, se ben progettati, possono potenziare il suo lavoro, non sostituirlo”.

Quali potrebbero essere gli snodi chiave per l’innovazione futura nelle officine?

“A mio avviso, sono due: interfacce utente efficaci e intelligenze artificiali (IA) di supporto. Le interfacce sono fondamentali per garantire un accesso semplice e intuitivo alle tecnologie. Devono essere moderne, visivamente familiari, in linea con gli standard di smartphone e tablet. Interfacce antiquate o complesse rischiano di diventare un ostacolo, invece che un aiuto.

Il secondo è l’IA come compagno di lavoro. Non un’entità che sostituisce, ma che affianca l’autoriparatore. Un sistema che conosce il dominio, che ha una comprensione approfondita dei veicoli, dei guasti, delle dinamiche di officina. Un’IA specializzata ed esperta, in grado di suggerire soluzioni pertinenti e di valore, senza perdere di vista la centralità dell’operatore umano”.

È questo il tipo di innovazione su cui state lavorando a RE:LAB?

“Esattamente. A RE:LAB stiamo sviluppando interfacce e intelligenze artificiali che operano in sinergia, pensate per il mondo reale dell’autoriparazione. L’IA non ha senso se non è progettata con e per chi la userà. Serve conoscenza del dominio, e serve collaborazione con chi lavora davvero in officina. Solo così possiamo sviluppare strumenti che siano davvero utili, efficaci, adottabili”.

Quindi le tecnologie innovative e l’intelligenza artificiale non cancelleranno il mestiere, ma lo evolveranno?

“Assolutamente. L’autoriparatore continuerà a essere una figura chiave. Solo che, al posto della sola esperienza empirica, sarà affiancato da strumenti intelligenti, da interfacce ben progettate, da suggerimenti basati su grandi quantità di dati. È un’evoluzione che non snatura la professione, ma la arricchisce e la mette in condizione di affrontare la complessità crescente dei veicoli di oggi e di domani”.

Per concludere, in sintesi come vedi il futuro dell’officina?

“Un ambiente sempre più guidato dai dati, ma dove il ruolo dell’autoriparatore resta insostituibile. La sfida non è sostituire l’uomo con le macchine, ma costruire strumenti intelligenti che ne amplifichino le capacità decisionali”.

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